038 5249211
0385249238
All’inizio furono i Sette Giorni della Creazione. Poi vennero i Sette Peccati Capitali. Sette, un numero sacro e simbolico. Sette, come le sette portate della “Sera delle sette cene”, una fra le più forti e persistenti tradizioni dell’Oltrepò Pavese.
La Cena si svolge all’antivigilia di Natale ed è composta rigorosamente da portate “magre”. La ragione rituale riporta all’espiazione e al digiuno sacrale che precedono il Natale. La motivazione pratica: prepararsi alla grande abbuffata natalizia di primi, ripieni, salumi, arrosti, condimenti e dolci senza appesantire troppo lo stomaco nei giorni precedenti.
Le sette portate della trazione oltrepadana sono le seguenti, con variazioni di zona in zona:
Insalata di acciughe, peperoni e barbabietole (bidràv)
Torta salata di zucca
Cipolle ripiene di magro (con ripieno a base di pangrattato)
Pasta “reginetta”, con i bordi sollevati, e funghi o, in alternativa, pasta in forma di fascia, simbolo delle fasce pronte ad accogliere Gesù Bambino. La pasta tagliata a fasce è solitamente accompagnata da un condimento a base d’aglio (ajà)
Merluzzo con l’uvetta
Formaggio con mostarda
Pere giasò (ghiacciolo) e castagne cotte
Un ruolo fondamentale nella sera delle 7 Cene è rivestito dal pane, la tradizionale “micca” o “miccone” che veniva un tempo posta al centro della tavola, spezzato dal capofamiglia e da lui distribuito ai commensali. Il pane avanzato era conservato sino alla festa di Sant’Antonio, il 17 gennaio, protettore degli animali. Gli avanzi erano infatti destinati agli animali della stalla e del cortile, a scopo di protezione.
Alcune annotazioni
Le portate della Sera delle Sette Cene propongono prodotti agroalimentari stagionali o di lunga conservazione naturale, come le pere ghiacciolo (i per giasò), piccoli frutti di forte consistenza particolarmente adatte alla cottura, un tempo conservate per mesi, da ottobre a tutto l’inverno, in locali areati, spesso i solai delle case e delle cascine. Sono ormai piuttosto rari gli esemplari della pianta, autoctona, delle pere ghiacciolo. La presenza delle acciughe, insieme con quella dell’aringa affumicata (la “saraca”) e del merluzzo in un territorio non affacciato sul mare è giustificata dalla presenza delle “Vie del Sale” che dalla Liguria, attraverso i passi appenninici, consentivano il trasporto di alimenti, sale e pesce conservato, anche non esclusivamente del Mediterraneo, nella Pianura Padana e da lì in Oltralpe. Nel vicino Piemonte, ad esempio, sino a tutto l’Ottocento esistevano numerosi situazioni di “acciugai”, spesso bambini, che valicavano addirittura le Alpi per vendere il pesce in Francia, in particolare in Savoia. La “saraca” non compare fra le portate della Sera delle Sette Cene poiché, in un suo modo un po’ particolare, era un cibo quotidiano. La si appendeva infatti a un gancio del soffitto della cucina e vi si intingevano pezzetti di pane. L’aringa andava quindi assottigliandosi, giorno dopo giorno, fornendo più che vere e proprie energie una loro lontana parvenza e soddisfacendo più il palato che lo stomaco. I peperoni sono invece tipici della zona - famoso quello di Voghera - così come gli ortaggi in genere.